Smart mobility e sicurezza stradale ed informatica
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Smart mobility e sicurezza stradale ed informatica

Il tema della cosiddetta smart mobility ossia della mobilità intelligente interessa diversi profili che riguardano una variegata tipologia di attori, dalle Istituzioni che si occupano delle infrastrutture alle Forze dell’Ordine che devono controllare la corretta applicazione delle norme ed il rispetto dei divieti sulla strada da parte degli utenti, dai cittadini che, in base alle fasce d’età ed allo stile di vita sono portatori di comportamenti ed abitudini diversificate sino agli assicuratori che forniscono la protezione dai rischi derivanti dalla circolazione.

Mobilità intelligente significa in primo luogo eliminare o per lo meno ridurre la congestione ed il traffico nelle città ma anche nelle strade extraurbane allo scopo precipuo di migliorare la qualità della vita delle persone.

E’ indubbio quello di smart mobility sia un concetto dinamico in continua evoluzione che viene via via plasmato e modificato dall’implementazione di strumenti tecnologici ed informatici sempre più complessi, innovativi e sofisticati e, per tale motivo, sarebbe forse più corretto parlare di new mobility. Se infatti sino a poco fa utilizzava sporadicamente lo strumento del car sharing, oggi tale sistema risulta essere un trend emergente e, inoltre, cominciano a diffondersi anche nel nostro Paese pratiche diversificate come il car pooling (più persone che utilizzando il medesimo veicolo compiono un tratto di strada comune ad esempio da casa al lavoro) ed il car sharing peer to peer (una sorta di “noleggio” da privato a privato). Gli utenti del car sharing sono passati da poche migliaia a oltre 200 mila nell’arco degli ultimi cinque anni, con una forte concentrazione a Milano e Roma, grazie all’ingresso di nuovi operatori sul mercato che hanno portato maggiore concorrenza, tariffe minori, applicazioni per smartphone che ne facilitano l'uso, la possibilità di parcheggiare ovunque, ecc..[1]Ed ancora se sino a qualche anno fa si utilizzava lo smartphone solo come ausilio alla navigazione oggi esistono una infinità di applicazioni sul nostro telefono che hanno a che fare con la smart mobility, vedi ad esempio le applicazioni con informazioni sui mezzi di trasporto locali, oppure agli strumenti di guida assistita che agevolano il conducente alla guida, od anche le scatole nere che oggi sono installate su oltre quattro milioni di veicoli e che si rivelano fondamentali nel determinare le modalità di accadimento di un sinistro.

Da considerare poi, per completezza, la nuova frontiera delle auto autonome (driverless ossia senza La mobilità intelligente in tutte le sue diverse sfumature solleva tutta una serie di questioni e pone molte dubbi e domande in ordine innanzitutto alla sicurezza stradale ed al rischio correlato agli attacchi informatici e più in generale alla sicurezza dei propri dati personali e sensibili. Il passaggio alle auto totalmente autonome non avverrà all’improvviso ma in maniera graduale attraverso una progressiva diffusione delle dotazioni di sistemi di supporto attivo alla guida all’interno dei veicoli (frenata assistita, correttori di direzione, comunicazione V2V, ecc.) e non solo sulle vetture di alta gamma.

Inoltre, oggi è sicuramente aumentata la sensibilità ecologica di molti cittadini: tale fenomeno unito alle problematiche di congestione del traffico, al problema dei parcheggi, alle limitazioni delle zone accessibili solo limitatamente, alla diminuzione del potere d’acquisto correlato alla difficile ripresa dalla crisi economica di questi anni sta contribuendo in maniera evidente a sviluppare un approccio  all’uso dell’auto da parte degli utenti di tipo più utilitaristico-funzionale all’uso dell’auto, che si contrappone alla tradizionale propensione alla proprietà del veicolo.

Nel 2022 quello europeo sarà il primo mercato globale per fatturato nel settore delle tecnologie per le auto connesse. Nei prossimi cinque anni, i ricavi continentali nel segmento cresceranno dai 16,4 miliardi di Euro stimati per fine 2017 a 48,4 miliardi, superando quindi per la prima volta il mercato americano. Le previsioni sono state avanzate da un'elaborazione dell'Osservatorio Autopromotec sulla base di uno studio realizzato dalla società di consulenza internazionale PwC. Il totale fatturato del comparto delle auto connesse a livello mondiale salirà a 142,8 miliardi di Euro nel 2022, di cui (oltre ai già citati 48,4 miliardi dall'Europa) 46,5 miliardi dall'America, 39,1 miliardi dai Paesi emergenti del Bric e 8,8 miliardi dal Giappone[2].

Se da un lato i dispositivi per la mobilità intelligente dovrebbero rendere la guida più sicura e ridurre l’incidenza dei sinistri d’altro canto essi presuppongono, alla base, la presenza di infrastrutture altrettanto intelligenti che supportino l’intero sistema. Si pensi al riguardo all’implementazione di semafori intelligenti per la viabilità degli incroci denominato sistema a slot progettata da una ricerca del Ministero dei Trasporti che, con un sistema di algoritmi e tecnologie innovative per far dialogare le auto tra di loro garantendo ad ogni veicolo uno slot, ossia uno spazio temporale personalizzato per attraversare l’incrocio, senza doversi fermare ai semafori. La velocità dei veicoli viene controllata in modo che ogni auto raggiunga l’incrocio in corrispondenza dello slot assegnato come avviene sulla pista di un aeroporto.

La tematica dell’adeguamento delle infrastrutture alla connettività in ambito automotive richiede una spinta propulsiva da parte delle Istituzioni ad investire nella ricerca, nell’innovazione anche coinvolgendo gli enti territoriali e locali. Indubbiamente un tema delicato quanto al reperimento delle risorse necessarie in un contesto macroeconomico difficile come quello che ancora stiamo vivendo. Tuttavia, razionalizzando le fonti finanziarie e gestendo il sistema con le dovute capacità le potenziali di nuova occupazione oltre che di miglioramento della qualità di vita dei cittadini sono di tutta evidenza.

Sostanzialmente alla base della connettività su quattro ruote vi sono tre fattori principali: l’auto che riceve i segnali e funziona quindi da ricevitore degli stessi; attraverso l’integrazione con lo smartphone e l’accesso ai servizi online la vettura che si trasforma in un dispositivo comunicatore grazie ad applicazioni ad hoc.

I dispositivi elettronici immagazzinano e gestiscono giornalmente, istante per istante, una quantità enorme di dati ai più diversi fini e ciò comporta una riflessione accurata ed una analisi degli effetti in termini anche di sicurezza dagli attacchi informatici ma anche, più in generale, in un’ottica di possibile utilizzo da parte di terzi dei dati personali degli utenti a fini anche di business. Le auto connesse rientrano in un “ecosistema” con tantissime nuove opportunità in termini di servizi per i cittadini ma esistono anche rischi, come quello ad esempio di essere esposti ad attacchi informatici.

Al riguardo, occorre anche riflettere sul fatto che  a tutt’oggi non conosciamo esattamente e fino in fondo quale sia l’effettiva consapevolezza degli utenti circa il livello di connettività del proprio veicolo come testimonia un, un recente studio condotto da TNS e The Bearing Point Institute su un campione di 3700 proprietari di veicoli connessi appartenenti a sette Paesi europei, (UK, Spagna, Francia, Germania, Olanda, Italia e Paesi nordici); la ricerca rivela che la presenza di gadget elettronici/informatici influenza il 59% del campione al momento di scegliere quale auto acquistare, anche se solo 4 automobilisti su 10 conoscono esattamente le funzionalità della propria auto in termini di connettività.

In tal senso, riteniamo sia importante o che i consumatori siano adeguatamente informati ed istruiti sugli strumenti di connettività presenti sul veicolo al momento dell’acquisto dal personale di vendita che deve essere in grado di fornire le indicazioni e rispondere ai quesiti tecnici e che deve ricevere una formazione adeguata ed in costante aggiornamento.

Altrettanto fondamentale ad avviso di chi scrive è anche che gli utenti siano consapevoli del loro essere titolari di tutta una serie di dati ed informazioni sull’utilizzo dei quali si richiede un consenso informato. Oggi utilizziamo il web per usufruire di molti servizi oltre che per molti acquisti e la velocità delle procedure non ci fa soffermare spesso su cosa succede esattamente quando si clicca su un link oppure si contrassegna un determinato flag.

Al riguardo, la Commissione Europea a un anno esatto dall’applicabilità dei provvedimenti di riforma in materia di protezione dei datine a maggio 2018, ha pubblicato un vademecum della futura cyber security europea. La finalità della riforma è di aggiornare e modernizzare i principi sanciti dalla direttiva sulla protezione dei dati del 1995 per garantire i diritti della privacy, attraverso:

  • il rafforzamento dei diritti degli individui;
  • il potenziamento del mercato interno alla UE;
  • la razionalizzazione dei trasferimenti internazionali di dati personali.

Le modifiche dovrebbero ai cittadini europei un accesso facilitato ai propri dati personali ed un maggiore controllo sul loro utilizzo in modo che gli stessi siano sempre protetti ovunque vengano inviati, elaborati o archiviati con la possibilità per il titolare di chiederne la cancellazione quando non più necessari tranne che in casi eccezionali (ad esempio per l’adempimento di un obbligo giuridico).

Sarà poi garantito un accesso più semplice ai propri dati: gli individui avranno maggiori informazioni su come i loro dati vengono elaborati e queste informazioni dovranno essere disponibili in modo chiaro e comprensibile. Un diritto alla portabilità dei dati renderà più semplice per gli individui trasmettere dati personali tra i fornitori di servizi.

Un altro diritto garantito dalle nuove regole sarà anche sapere quando i dati sono stati violati: le aziende e le organizzazioni devono notificare all'autorità nazionale di controllo le violazioni dei dati che mettono a rischio i soggetti e devono comunicare al soggetto interessato tutte le violazioni ad alto rischio quanto prima possibile affinché gli utenti possano adottare misure appropriate.

Il regolamento riconosce che i minori meritano una protezione specifica dei loro dati personali, poiché potrebbero essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze, delle garanzie e dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali. Per quanto riguarda i servizi Ict offerti direttamente ai bambini, il regolamento prevede che il consenso per l'elaborazione dei dati di un bambino deve essere dato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale del minore. La soglia di età dovrà essere definita dagli Stati membri entro un periodo compreso tra i 13 ei 16 anni.

E’ innegabile che la grande mole di dati di cui trattasi costituisce anche correttamente una opportunità di business in quanto grazie alle informazioni derivanti dai device elettronici è possibile disegnare prodotti e servizi a supporto della customer experience. Al riguardo, la Commissione Europea pensa ad una sola legislazione paneuropea per la protezione dei dati sostitutiva delle leggi nazionali; ad una unica autorità di vigilanza, prevedendo altresì la cooperazione tra le autorità di protezione dei dati sulle questioni con implicazioni per tutta l'Europa. Questo senz’altro apre la via a processi più rapidi ed a meno burocrazia. Con la riforma, poi le società con sede fuori d'Europa dovranno applicare le stesse regole di quelle europee qualora offrano beni o servizi sul mercato Ue.

Con la riforma della protezione dei dati che prevede per gli utenti il diritto alla portabilità dei dati diventerà più facile per i potenziali clienti trasferire i propri dati personali tra i diversi fornitori di servizi esercitando un miglior controllo su dove i dati stessi vanno a finire.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati introduce sanzioni e ammende in base alla gravità / durata della violazione; il numero di soggetti interessati e il livello di danni subiti; il carattere intenzionale dell'infrazione; tutte le azioni adottate per mitigare i danni; il grado di cooperazione con l'autorità di vigilanza con ammende che possono arrivare anche ad un massimo di 20 milioni di euro oppure il 4%del fatturato anno mondiale dell’impresa che viola le regole.

La Commissione Europea impone anche l’obbligo di garantire la sicurezza dei dati personali, anche per impedire l'accesso o l'uso non autorizzato dei dati personali e delle attrezzature utilizzate per l'elaborazione. Pertanto, il controllore o il processore dovrebbero valutare i rischi inerenti al trattamento dei dati personali e attuare misure per attenuare tali rischi. 



[1] Alix Partners, 2014

[2] Fonte: studio realizzato dalla società di consulenza internazionale PwC per l’Osservatorio Autopromotec

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